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Risate, tifosi, gol nel deserto. Ciak, si gioca!

Sabato 23 dicembre 2017
«Mumo, nun ce riprovà , sinnò a Torino ce torni rotto», disse il minaccioso mediano giallorosso Ferraris IV a Raimundo «Mumo» Orsi, che esagerò con un pallonetto. Tra l'altro, durante l'ultimo allenamento, Zi' Checco, furbo custode del campo, aveva ristretto il «Testaccio» di 4 metri per ingabbiare Orsi. Le scintille in quel lontano 15 marzo 1931 sapevano già di cinema. La data è da sempre festa per i tifosi della Roma: 5-0 alla Juve, vittoria più larga con gli arcirivali. Ma l'evento oltrepassò ben presto il campo, tanto che il regista Mario Bonnard fu folgorato dall'idea di farne un film già l'anno dopo. Con «Cinque a zero» (1932) per la prima volta in sala quel gioco che piaceva tanto agli italiani, anche se erano i dialoghi extra-calcio a riempire la pellicola. È un esempio di 90 anni fa, ma nel tempo su questi schermi sono passate tutte le sfumature dell'animo umano: la passione più accesa e la risata scanzonata. Insomma, Juve-Roma è un'umana commedia, una di quelle che piacciono al cinema di ogni epoca.

DALLA MANITA A CHIARI - La partita sfiorata da Bonnard è immersa in una trama curiosa, tra pettegolezzi e scene di vita privata: alla fin fine, però, resta un'enorme celebrazione giallorossa. Protagonista il grande Angelo Musco e Oscar Valenti nella parte del capitano che perde la testa per la cantante di varietà, ma poi prendono la scena i lupi nella parte di se stessi: Masetti, Ferraris IV, Volk, Fuffo Bernardini. Il film ebbe vita breve nei nostri cinema, si perse nelle nebbie della Seconda Guerra Mondiale. La manita del '31 ispirò anni dopo anche le pagine di Mario Soldati nel romanzo «Le due città». Ma Juve-Roma tornò a essere cinema a inizio anni Cinquanta, in una godibile commedia degli equivoci con Walter Chiari. In «L'inafferrabile 12» interpreta due fratelli gemelli, cresciuti senza mai incontrarsi. Uno portiere della Juve, l'altro impiegato in un banco del Lotto: finiranno per intrecciare buffamente le proprie vite. Oltre alle risate e alle manone di Chiari infilate dentro ai guantoni da portiere, scorrono in video pure immagini della gara del campionato 1949-50. Finalmente i bianconeri, quelli di Boniperti, entrano dalla porta principale in una pellicola, applaudita all'epoca. E la cosa non stupisce in fondo: dietro alla sigla I.C.S. (Industrie Cinematografiche Sociali), c'erano gli Agnelli, per la prima volta produttori di film.

TIFOSI CONTRO - Romano-centrico per definizione, è inevitabile che il cinema italiano abbia regalato più battute ai giallorossi. Ad esempio, ne «Il marito», commedia del 1957, Alberto Sordi spedisce una celebre pernacchia telefonica pre-derby a Peppino, amico laziale. «Lei è un grande romanista, un grande tifoso», continua Albertone ne «Il tassinaro» (1983), mentre dietro ammicca Giulio Andreotti. Lo juventino più famoso del cinema, invece, si chiama Felice La Pezza, per tutti «Tirzan», il camionista pugliese interpretato da Diego Abatantuono in «Eccezziunale veramente»: sono di culto le sue disavventure per una partita contro l'Anderlecht. Ma, oltre ai tanti film in cui le due squadre vengono sfiorate singolarmente dalla trama, Juve e Roma si sono incrociate altre volte sullo stesso schermo. E sono proprio gli opposti tifosi a fare da cornice, a «scontrarsi». Lo scontro più divertente si celebra così nella fornace della Death Valley, in una delle scene più famose di «Vacanze in America» di Carlo Vanzina (1984). La partitella è organizzata da Claudio Amendola, studente col mito di Pruzzo. Oltre al milanista Jerry Calà, quasi un oriundo, c'è Christian De Sica nei panni di un irresistibile Lo Bello in tunica. L'imparzialissimo arbitro don Buro, alla fine, lo ammette pure: «So' daa Lazio, ve odio a tutte e due». Sei anni dopo, lo stesso Amendola era tra i protagonisti di «Ultrà» (1991), spaccato violento (e spesso contestato) sul mondo delle curve, firmato da Ricky Tognazzi e premiato a Berlino. La partita che torna stasera c'entra di nuovo, seppur di striscio: il film racconta di un commando romanista in trasferta a Torino con propositi bellicosi. Rabbie e frustrazioni finiscono nel sangue, macabra anticipazione di ciò che sarebbe accaduto spesso. Visto adesso, regala un sorriso il cameo di un giovane Massimo Ferrero: si sa, il presidente Samp ha sempre avuto Dna giallorosso. Lui quest'anno ha fatto tre gol alla Signora ed era realtà, non cinema.
di F. Conticello
Fonte: Gazzetta dello Sport
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